mercoledì 22 ottobre 2008

CI PUOI ENTRARE ANCHE CON UN' HEINEKEN

Avevo già idea di quello che aspettava il sabato una volta che sarebbe calata la sera. Avevo iniziato a litigare con la mia fidanzata come sempre per questioni di poco conto: lei vedeva in me delle cose che non andavano, io vedevo in lei qualcuno che volesse minarmi l’esistenza. I soliti problemi di coppia. In realtà ci eravamo stufati entrambi l’uno dell’altra ma non avevamo il coraggio di affrontare la cosa credo per pigrizia. Un giorno saremmo arrivati ai coltelli e sarebbe stato meglio così, visto che non avremmo dovuto usare parole e perdere tempo nel tentare di capirci l’un l’altro.
Il pomeriggio aveva preso una piega che andava dal tragicamente ridicolo allo stupidamente drammatico. Decisi su due piedi alle 19.00 che quel sabato sera lo avrei passato in solitudine o sarebbe potuta scattare la tanto sognata carneficina. Intanto il tempo fuori non prometteva niente di buono: si era alzato il vento, i piccioni se ne erano tornati nei loro stupidi nidi, le lucertole erano in letargo e in quella periferia dove vivevo, chissà perché, i cani appena calava il sole smettevano all’istante di pisciare. Povere bestie che al mattino seguente avevano una vescica talmente grande da inondare i marciapiedi. Intanto lei mi aveva telefonato una mezza dozzina di volte per dirmi che noi non parlavamo mai abbastanza. Questo non fece che aumentare la mia voglia di stare in silenzio di non avere con lei il minimo dialogo, eravamo a fine corsa e me ne rendevo conto pienamente. Forse mi serviva solo una sana ubriacatura per acquietarmi e poi ripartire, alla stessa maniera di come possono servire le ferie per uno che lavora. Credevo a questa cosa. Verso le 22.00, lei mi chiese che intenzioni avessi per quella sera. Risposi semplicemente che me ne volevo stare per i fatti miei. La cosa la fece andare su tutte le furie; io non capivo come mai, dato che lo stare insieme non aveva fatto altro che portare a litigi continui. Riattaccai tra le sue lacrime e i suoi “stronzo” e appellativi vari. Presi a girare in macchina e mi ritrovai circa tre quarti d’ora dopo sui navigli. Ci ero finito per sbaglio guidando e bevendo Heineken da 66 in barba al codice della strada.
Non avevo voglia di stare lì in coda insieme ad altre vetture piene di gente euforica senza problemi o con problemi che però mascherava piuttosto bene. Non avevo voglia di divertirmi ero piuttosto in quella fase calante in cui si preferisce restare soli al buio a bere in silenzio ascoltando i vicini litigare, beandosi di non essere nei panni di lui; ma ero uscito per girare in macchina e me ne ero fortemente pentito. Sentii bussare al vetro della vettura.
-Ciaaaaaoooo! Ma dove vai?- disse Valentina mandando baci. Dietro di lei c’era Alessandra che io chiamavo “Santri”. Dal tono della voce di Vale mi sembrava che lei fosse abbastanza regolare, mentre dallo sguardo vacuo di Santri si poteva constatare che era ubriaca forte.
-Stiamo andando da Penny al McDonald! Dai vieni anche tu,andiamo a farci un giro, parcheggiati lì che sta uscendo la macchina!- Sinceramente non ne avevo voglia, però ero lì non avevo niente da fare, l’unica bottiglia di Heineken aveva solo due dita d’argomenti e poi non avrebbe avuto niente da dire. L’unica via di fuga era cedere alle loro proposte. Parcheggiai dove vidi la macchina uscire. Andai al McDonald a piedi. C’erano Vale, Santri e Penny. Ci fu uno scambio di saluti. Penny reggeva un bicchiere di plastica colmo di liquido ambrato.
-Toh Andre- disse Penny allungandomi il bicchiere. Io bevvi un sorso.
-Andiamo a prendere da bere al baretto laggiù- proposi io. Avevo dieci euro in tasca. Ci muovemmo tutti quanti insieme io e Santri davanti e dietro Penny e Vale. Penny continuava a parlare di estetica con Vale, io in silenzio proseguivo guardando a destra e sinistra in cerca di qualcosa che non sapevo nemmeno io cosa; mi sembrava tutto di plastica, ma la realtà è che non ero capace di ridere. C’erano tante ragazze eppure nessuno che mi volgeva lo sguardo nemmeno per sbaglio. Tirai dritto fino al bar tabacchi. Mi feci largo tra la calca, tutte le ragazze felici e i ragazzi con lo sguardo da duri, in realtà era tutta una finta sia da parte degli uomini che delle donne. L’unica cosa di reale era la folla da sbaragliare e tre birre da poter acquistare con quelle dieci euro. Santri mi confessò che non aveva un soldo bucato perché lei e vale erano andate al bingo di viale Washington e si erano mangiate ottanta euro.
-Va beh c’è Penny che avrà qualcosa- avevo detto io sicuro. Santri aveva biascicato qualcosa di simile ad un affermazione.
-Ragazzi! Venite da me con le birre!- urlava una tipa seduta su uno sgabello all’entrata. Aveva il terrore di subire dei furti; proprio lei che vendeva una birra a tre euro! Non andai da lei per principio. Stazionai di fianco a un cingalese addetto a stappare le bottiglie. Pagai. Mi diede una busta di plastica per mettere via la terza birra, perché diceva che c’erano degli ispettori che facevano certi controlli; non capii bene ma presi su il sacchetto e mi infilai la bottiglia nella tasca posteriore dei jeans. Ritornai fuori e diedi una bottiglia a Santri e l’altra la tenni per me. Le ragazze si divisero la bottiglia. Sostammo fuori dal bar in mezzo alla calca di persone, tutti con in mano qualcosa. Loro parlarono di estetica. Io mi tenni fuori da quei discorsi. Bevvi la mia birra. Santri cercò di scroccare una sigaretta poiché nessuno di noi le aveva. Gettai lo sguardo nel mezzo della folla, in tutto quel socializzare. Universitari o giù di lì. Noi con quasi le pezze al culo. Eravamo paesi in via di sviluppo. Cercai di non pensarci finendo la birra.
-Che facciamo?- chiese Penny.
-Offri da bere- le proposi.
-Ho un euro!-
Iniziò a serpeggiare il panico che la serata stesse per finire. Nessuno coi soldi e io con una birra da 66 in tasca. Non c’era peggior fine.
-Andiamo a prelevare- risolse Vale. Lo sportello bancomat si materializzò dopo qualche metro. Vale inserì
la tessera ma il bancomat gli disse visibilmente adirato a caratteri cubitali gialli che non era possibile prelevare. Andò meglio a Santri; la faceva prelevare. Solo che, era troppo ubriaca e non si ricordava il codice. Vale e Santri vivevano assieme e Vale conosceva il codice di Santri almeno, lei ne era convinta.
-Prova a fare uno sforzo, dai, non puoi illudermi così!- dissi.
-Aspetta Andre, allora 06078- digitò. Il codice non era valido.
-Merda- disse. Ci pensò un attimo. 07068. Sbagliato.
-Guarda che se fai tre errori ti incula la targhetta- avvisò Penny.
-Alessandra, guarda che è così- le suggerì Valentina –06870-
Santri digitò il codice. Sbagliato. Però la banca ci fece riprovare. Dietro di noi si era formata una mini coda di persone; ridevano tutti della nostra situazione. Io estrassi la bottiglia dai jeans, srotolai il sacchetto e con un accendino la aprii. Ora ero pronto ad affrontare chiunque.
-Dai spostiamoci e facciamo prelevare gli altri- propose Penny. Santri fece un ulteriore tentativo. 07860. Sbagliato. Risi anch’io.
-Vale io me lo ricordo il codice! Sono sicura deve essere 86078!-
-Seee- dicemmo in coro. Decidemmo di andarcene e di non provarci più.
Davanti alla chiesa di Sant’ Eustorgio chiesi ad una ragazza bionda se avesse una moneta da un euro, che insieme alla mia e a quella di Penny, ci avrebbe permesso l’ acquisto di un’ultima Heineken. La ragazza
sorrise mentre mi allungava al moneta. Venni immediatamente fermato da un tipo e una tipa, che diedero a me e a Penny un volantino su cui era scritto: “Sant’Eustorgio ti accoglie anche il venerdì sera”, inoltre capeggiava un immagine di Gesù in tutto e per tutto simile a un attore famoso.
-Grazie- disse Penny.
-Grazie- dissi io. Ma il ragazzo non mollò.
-Non volete entrare in chiesa? Dai ragazzi!- incalzò lui.
-Veramente non so, ho in mano un’Heineken, non so se si può entrare…-
-Ma certo che si può- disse ridendo e dandomi una pacca –certo che si può entrare in chiesa con la birra, te lo dico io figurati! Dai ragazzi, entrate-
-Ma no…non mi sembra proprio il caso, con una birra aperta…guarda non vorrei essere blasfemo…-
Lui però ottusamente insisteva.
-Ma vaaaa. Figurati. Ma ti pare che non si può entrare in chiesa con la birra?!-
-Non credo proprio che si possa entrare in chiesa con una birra e poi inoltre dovrei portare anche loro- indicai le mie amiche che sghignazzavano con rispetto –guardale sono anche ubriache-
Intervenne la ragazza –guarda che non c’è nessun problema-
-Infatti- disse lui –guardate che non c’è problema birra o no, e poi se è questo il problema, finite la birra ed entrate-
Più che cattolici avevano l’aria di testimoni di Geova. Insistenti, pedanti.
-Ragazzi, abbiate pietà, non credo si possa entrare con una birra in una chiesa- dissi. Penny rise. Non volevo offenderli ma li offesi comunque, anche se fui gentile. Riuscivo ad offendere la gente anche se non ne avevo le intenzioni. La realtà è che non sapevo comunicare e continuavo ad emettere vibrazioni negative. Non c’era la minima via di fuga da questa situazione.
-Va beh- disse la ragazza –fa niente, comunque ragazzi, ricordatevi che Gesù vi ama-
-Ah si?- risposi –ma se allora mi ama, com’è che continua a sputarmi in faccia?-
E su queste parole mi allontanai barcollando con sottobraccio Penny dai capelli neri sventolanti. Prosegui camminando in lungo e in largo per tutta la serata. Comprammo ancora una birra che bevemmo in silenzio. Penny disse una cosa buffa e ridemmo.
Ma ciò nonostante i miei problemi persistono tutt'
oggi

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